di Maria Pepe
Un varco di passaggio tra l’adolescenza e l’ età adulta.
Un classico senza tempo, romanzo d’iniziazione e formazione.
La storia di una verginità che si difende.
“La bella estate” di Cesare Pavese, scritto nella primavera del 1940 e pubblicato nel 1949, insieme a “Il diavolo sulle colline” e “Tra donne sole”, da Einaudi.
Lo spazio bianco dell’adolescenza, tempo in cui puoi ancora essere tutto ciò che vuoi, la viva speranza della bella estate che verrà… si scontrano contro l’amaro della realtà, fatta di adulti, vittime e carnefici del mattatoio della vita che cancella ogni traccia di sogno.
Un romanzo breve, ma intenso, invaso e pervaso dall’incanto che diviene odore, atmosfera, sentimento sino ad abitare tutti i sensi del lettore.
“A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e attraversare la strada, per diventare come matte, e tutto era bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravano ancora che succedesse qualcosa, che scoppiasse un incendio, che in casa nascesse un bambino, o magari venisse giorno all’improvviso e tutta la gente uscisse in strada e si potesse continuare a camminare fino ai prati e fin dietro le colline…”
In questa cornice, con nel cuore e negli occhi i ricordi o i sogni di un’adolescenza vissuta o in divenire, vivremo con Ginia l’ebbrezza e la disperazione di un amore sbagliato, senza scampo, eppure sublime.
In una Torino bohémien Ginia si innamora e si abbandona ad un giovane e dissoluto pittore.
La seduzione, i rimorsi, la scoperta del peccato, delle tentazioni.
Un amore pieno di speranze mal riposte e attese disattese.
Il crollo di ogni illusione, che si consumerà nel tempo di una stagione e porterà alla consapevolezza del proprio destino.
Il sogno che conduce all’inerzia, forza che muove i fili di ognuno di noi.
Un libro da leggere sorseggiando un cappuccino in un luogo in cui hai vissuto o vivi l’ emozione dell’adolescenza.
“Andiamo dove vuoi, – disse Ginia, – Conducimi tu”.
“La bella estate”
Evocativo e struggente,
Essenzialmente, sì!