L’estate scorsa è stata scandita da un pensiero fisso: i 40 anni dall’omicidio di Antonio Esposito Ferraioli avvenuto il 30 agosto 1979. In più di un’occasione pensavamo al sacrificio di questo giovane. Della necessità che si valorizzasse in maniera adeguata. Del silenzio che ruota sempre intorno all’argomento come se il ricordo continuo potesse provocare squilibri. Quella riflessione non ci abbandona ancora oggi, ma qualcosa è cambiato.
Tonino, il cuoco della mensa dell’Ericsson Fatme, si rifiutò di preparare e di far servire cibi avariati ai dipendenti dell’azienda di telecomunicazione. L’uomo qualunque, la saggezza popolare, interrogati risponderebbero: “Ma chi gliel’ha fatto fare? Mica doveva mangiarlo lui?!”.
In Italia, la deontologia professionale a volte appare una chimera, ma per fortuna c’è chi la coltiva allora come oggi.
Da qualche anno vivo tra cuochi e, quelli etici, li riconosci subito. Si avvicinano alla materia prima come se si trattasse di una pietra preziosa e cercano di valorizzarla senza comprometterla. Perciò non mi riesce difficile immaginare la ribellione di Tonino. Un rifiuto nato perché credeva nel suo lavoro, per rimanere fedele a se stesso e per tutelare come sindacalista le persone che avrebbero dovuto mangiare quel cibo putrefatto.
Così, abituati a metterci la faccia, abbiamo voluto ricordare Tonino. A modo nostro. Al Premio Ritratti di Territorio 2018. Attraverso le parole del conduttore, il giornalista-giornalista Roberto Ritondale, la quinta edizione si è aperta con la commemorazione di un eroe della quotidianità.
Chissà se qualcuno si è emozionato…
Già perché da quando la lapide è stata affissa sul muro di via Zito in Pagani, il 30 agosto 1989 dopo 20 anni dalla sua morte, non c’è stato giorno in cui io non abbia letto le parole impresse: “Antonio Esposito Ferraioli – Sindacalista – Vittima innocente della camorra”.
Adesso c’è una nuova consapevolezza. La storia di Tonino sta diventando la storia di tutti. Negli ultimi anni, a lui è stato intitolato un Istituto Alberghiero di Napoli, una masseria in un bene confiscato, l’ex via Filettine, ma la svolta importante è arrivata con il cortometraggio “Tonino” realizzato su iniziativa di un gruppo di entusiasti: Aldo Padovano, Gaetano Del Mauro, l’associazione culturale “Ambress Ampress”, Libera, il Gff. Dall’8 al 10 marzo, tre giorni di riprese durante i quali il paese si è fermato per diventare un piccolo set cinematografico. È sembrato di vedere Tonino, nelle scene notturne girate tra via Carducci e via Zito, come ha scritto Alfonso Tramontano Guerritore su “Sale in Corpo” interpretando le sensazioni di chi come noi è passato di lì.
Questi sono i miracoli che compiono gli uomini. E non fa niente se esecutori e mandanti sono ancora oggi impuniti e camminano liberi alla luce del sole.
Pagani è una realtà strana, rumorosa, ma ti sorprende con grandi gesti. Come quello di Tonino che, come Marcello Torre (il sindaco avvocato ucciso l’11 dicembre 1980), rimarrà per sempre vittima innocente di camorra.