di Maria Pepe
Un luogo, la sua memoria, il suo vissuto.
L’ influenza di queste variabili sulle vite e le anime degli abitanti.
Monte di Dio, il quartiere che sta più in alto, come Gerusalemme.
Ogni via, ogni sasso è ” Muro Sacro del Pianto”. Un pianto silente e secco che l’ occhio nudo e disattento non può vedere.
Il romanzo di Erri De Luca, edito da Feltrinelli, ha nel doppio piano la chiave.
Fuori: dolore, fame, miseria, chiasso.
Dentro: luce, sentimento, nostalgia, intimità.
Assenze manifestazione di Presenze.
“Quando ti viene una nostalgia, non è mancanza, è presenza, è una visita, arrivano persone, paesi, da lontano e ti tengono un poco di compagnia”.
Catene che divengono ali, nascoste nella gobba di un ciabattino straniero e in un ” bumeran” dono e riscatto di un tredicenne spinto alla vita e all’ amore.
La magia della parola, tra ” il quieto” italiano e il “fatto di sangui” napoletano, guida il giovane ragazzo (voce narrante), Maria, Mast’ Errico, Rafaniello e tutte le vite del Monte.
Facce della prismatica natura del misterioso quartiere. Dove altrove e reale si incontrano e si fondono. L’acerbo apprendista di bottega vivrà la sua densa, ma precoce maturazione. I passaggi: l’amaro della malattia della madre che porterà ad una casa deserta per l’assenza del padre; l’ arrivo dell’amore sentimentale e carnale per Maria tanto giovane quanto adulta a causa del lato sporco della pelle che suo malgrado ha già conosciuto.
Destini incrociati che culmineranno tutti nella notte del volo.
Il 31 dicembre, voli e abissi si spalancano lasciando due piume come traccia.
“Pure con la vita triste bisogna darsi da fare”.
Montedidio
Melanconico e fatale.
Nostalgicamente, sì.