Sul sito dell’azienda, tra l’altro molto ben fatto e di forte capacità comunicativa, tra le varie informazioni vengono indicati gli orientamenti musicali per accompagnare al meglio la degustazione del vino. La cosa mi è piaciuta moltissimo in quando mi sono ricordata che quando ho iniziato a scrivere di vino, sembra un secolo fa, alla fine del racconto mi divertiva suggerire il brano musicale da abbinare. Poi ho lasciato perdere ritenendo che non interessasse la cosa e che mi spingessi troppo sul personale. Ho provato altre volte il greco di Tufo Rieci e devo dire che nel millesimo 2015 abbia raggiunto un livello di qualità molto alto diventando una espressione interessante e pienamente centrata di questa tipologia di vino bianco che a me piace particolarmente. Chianche è il piccolissimo borgo irpino compreso nell’areale di produzione della docg, molto limitato sia in termini di ettari che di numero di bottiglie. Per tali motivi questo bianco straordinario è ancora poco conosciuto. Nella realtà il greco di Tufo ha grande personalità e sa regalare esperienze degustative profonde e sempre sorprendenti. Leggo sul sito del comune di Chianche che gli abitanti sono poco più di 500. La zona dopo il terremoto del 1980 si è molto spopolata, ma nel corso della storia questa tendenza è andata progressivamente aumentando essendo un territorio isolato dove c’è poco sviluppo e capacità imprenditoriale. Sta di fatto che per noi appassionati di vini dalla forte identità territoriale, l’areale offre una ricchezza immensa. Il greco qui ha trovato il suo regno, o meglio, il suo terroir. La natura del suolo calcareo, le forti pendenze, la giusta altitudine tra i 350 ed i 400 metri giovano particolarmente alla vite. Circondata dai monti del Partenio e del Taburno, la zona collinare è protetta dai venti freddi invernali e racchiusa nella valle del fiume Sabato. È un territorio quasi incontaminato, con pochissime costruzioni e zone destinate all’agricoltura: sono i boschi di castagno e querce a dominare il paesaggio, preservando una importante ricchezza di biodiversità che accresce l’identità dei vini qui prodotti. Antonio Iannuzzi e Filippo Cannada hanno voluto raccontare tutto ciò nel loro Rieci e con la collaborazione dell’enologo Sergio Pappalardo ci sono riusciti in pieno. Sono ventidue gli ettari vitati ed un ettaro è lasciato agli insetti ed alle api. Un bel modo di lavorare in armonia con la natura nel rispetto dell’ambiente. Rieci sta per Greci, il nome della sorgente qui vicina. Il vino presenta il colore appena dorato e scintillante del greco di Tufo. E’ elegante al naso, sa di pietra bagnata sulle prime, poi delicatamente affiorano i fiori di acacia, il bergamotto, la salvia. Il sorso ha carattere, rispetto alle annate precedenti è piacevolmente più sottile, esprime energia viva sulla spinta della freschezza ben integrata nel corpo del vino, è solare e salino e infinitamente lungo. Un vino da conservare in cantina ed attendere negli anni.
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