Cilento stagione turistica 2020: come ripartire dopo il Covid-19?

Con piacere condividiamo la riflessione di Pietro Avallone, pubblicata ieri a pagina 13 dell’edizione di Salerno del giornale “Il Quotidiano del Sud”.

Nel Cilento sono giorni di attesa, nonché speranza per il comparto del turismo e del relativo indotto. Ancora poche certezze e garanzie, ma tante variabili da considerare per chi è disposto a rischiare e comunque provare a non far saltare l’interastagione turistica, che in tempi ordinari dura, comunque, mediamente soltanto quattro mesi.

L’offerta ricettiva “cilentana” è particolare, vista la varietà dei servizi offerti. Villaggi alberghieri (piccoli, medi e grandi), alberghi, residence, campings, B&B e case vacanza. Ed in aggiunta, per l’indotto – bar, ristoranti, stabilimenti balneari, ed attività commerciali – da considerare anche le case di proprietà, troppe, che nel corso degli ultimi due decenni, amministrazioni poco lungimiranti hanno permesso di costruire ad ipotetici avventori delle nostre strutture.

Proprio per via di questa eterogeneità la situazione è ancor più complessa. Inoltre l’emergenza sanitaria ha messo a nudo tutte le lacune di un settore che per troppo tempo si è cullato della rendita maturata in quei favolosi anni ’80. Ossia si è continuato a credere che per essere competitivi fosse sufficiente il mare e qualche panorama mozzafiato, dimenticandosi di allineare l’offerta a quella dei competitors europei che hanno irrotto, prepotentemente, nel mercato turistico.

È da notarsi, però, che in questo ultimo lustro, qualcuno ha provato ad innalzare il livello dell’offerta, puntando ad un pubblico più esigente ed estendendo l’orizzonte verso un’utenza straniera, per lo più nella bassa stagione. E cosa più importante, mettendo in atto sinergie comuni tra varie imprese. Ma restano comunque casi sporadici se non unici. E senza un coordinamento territoriale. Come dei bei monumenti eretti in mezzo ad un contesto edilizio caotico ed improvvisato.

Se non ci fosse stata l’emergenza sanitaria le piccole e medie strutture ricettive avrebbero aperto i battenti già per le vacanze di Pasqua, registrando buone presenze nei  ponti del 25 aprile e del primo maggio, importante prologo della stagione vera e propria. Le grandi, per intenderci i villaggi da oltre 500 posti letto, invece, intenti nelle fasi di manutenzione. Ma in ogni caso con almeno il 50% degli addetti ai lavori già occupato.
Invece ad oggi, nonostante la comunicazione da parte del Governo dell’apertura di bar e ristoranti per il 1 giugno, mancano ancora le garanzie e tutte le disposizioni del caso.

Molti imprenditori sono pronti a ripartire, e a non far saltare la stagione 2020, ma hanno bisogno di almeno due garanzie, una sanitaria e l’altra diciamo, per così dire, dinatura legale.

Dato per scontato che il rischio nuovi contagi comunque, se pur basso, non sarà nullo, necessitano di saperequali procedure dover attuare per tutelare il personale ed i clienti. E per ogni tipo di attività, di quanto ridurre la capienza ordinaria. Insomma urge una regolamentazione delle norme sanitarie e di distanziamento sociale, da applicare per poter lavorare in totale sicurezza.

Prescrizioni chiare, univoche, efficaci ed inequivocabili, codificate da esperti del settore. Anche perché l’applicazione di esse comunque comporta dei costi, a carico dell’esercente, che vanno a sommarsi alle altre voci passive del bilancio. Ed inoltre va, parimente, considerato l’urgente bisogno di potenziare, nonché adeguare, le strutture sanitarie del territorio, pronte per accogliere, facendo i dovuti scongiuri, gli eventuali casi Covid a stagione in corso.

Diverso il discorso di natura legale. Gli imprenditori hanno lasciato intendere di necessitare di una sorta di garanzia, diciamo un’assicurazione, che – qualora abbiano applicato correttamente tutte le indicazioniprescritte – li tuteli a fronte di un’eventuale richiesta di risarcimento danni ad opera  di clienti che,malauguratamente, dovessero contrarreil virus durante la vacanza.

Questo ultimo aspetto è uno dei fattori principali nelle valutazioni che gli imprenditori stanno effettuando in questo momento. Un conto è il rischio imprenditoriale dovuto all’incertezza della stagione, altra cosa è andare allo sbaraglio come in una corrida.

Questi due nodi principali vanno sciolti quanto prima, entro e non oltre l’inizio della prossima settimana, in modo da permettere agli operatori turistici di fare tutte le valutazioni del caso ed eventualmente pianificare l’apertura delle attività, con tutte le operazioni preliminari dovute.

Che tipo di stagione sarà? Sicuramente diversa, ed il Cilento potrebbe giovarne proprio dall’eterogeneità della sua offerta. Molti turisti abituali non avranno la possibilità di recarsi in vacanza, chi per problemi economici chi per aver dovuto esaurire le ferie durante il lockdown. Ma altrettanti saranno quelli che non rinunceranno ad una vacanza, anche breve e sicuramente last-minute.

In una prima fase, verosimilmente, i flussi turistici saranno prettamente regionali o al più interregionali da quelle limitrofe. E questo per via dei troppi contagi ancora presenti al Nord e del mondo che è fermo. Ma se le cose dovessero migliorare presto, magari insettembre potremmo registrare una forte presenza di turisti stranieri.

In costiera amalfitana, realtà ben diversa da quella cilentana, caratterizzata da un’offerta principalmente alberghiera e con l’80% delle presenze dovute a stranieri, già si pensa alla stagione 2021, considerando di transizione quella in corso.

Molti esperti del settore convengono sull’aspetto che l’epidemia abbia azzerato il gap esistente tra diverse destinazioni turistiche. In parte è vero, poiché alla ripartenza cambieranno tante cose ed anche il modo di concepire le vacanze. Chi saprà intercettare questi mutamenti e, quindi, offrire un prodotto capace di fagocitarli, sarà sicuramente in pole position.

Ovviamente per le destinazioni in cui al turismo già ci si approccia con una visione manageriale, ad ogni livello, coadiuvata da sinergie tra i vari attori, risulterà più facile effettuare questa sintesi.

Il Cilento, dal canto suo, sulla scia di quanto fatto di buono negli ultimi anni, con la riscoperta della sua identità, soprattutto dal punto di vista eno-gastronomico, dovrà necessariamente puntare sulla sua territorialità e su un turismo eco-sostenibile. Occorre anche per questo una visione manageriale, e con il supporto di tutti. L’Ente Parco può essere l’elemento catalizzatore. La natura incontaminata, il silenzio e la dieta mediterranea sono i giusti anticorpi al corona-virus.

Photocredit: Pietro Avallone

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