di Maria Pepe

La guerra mondiale, la prima, quella datata per l’Italia con un anno in meno, “15/18”, così la chiamano.
Gli uomini, le donne, i soldati bambini.
Chiamati a morire sul monte scuro e monolitico, il Grappa, e nelle case ad aspettare un ritorno senza nome.
Tutti sospinti in avanti, nel bene e nel male, dal destino che altro non conosce che l’incedere dell’avanzare.
“Nella vita comanda il destino, figlia. In chiesa la chiamano ” volontà di Dio” perché devono spiegarla, ma neanche i preti ci credono davvero. La vita non ha ragioni, mai […] Non bisogna fermarsi a fare domande… le domande sono troppe e non ci sono mai risposte. Però ricordati che la vita è sempre quello che sta davanti, non quello che sta dietro. Perché quello che sta dietro non esiste più.”
Julien, Valdo, Il capitano, Maddalena, protagonisti del romanzo d’esordio di Gianni Oliva, “Il pendio dei noci”, “lettura di Stile” della settimana.
Le vite di gente semplice a cornice della grande storia della nazione. Il personale travolto e devastato dalla legge di stato e dal conflitto mondiale.
Una carovana nomade che si consuma nel silenzio dei senza perché, quella stessa da cui tutto, in una notte stellata sotto un noce, comincia.
Romantico, mai banale, pronto a riservare profondità e colpi di scena che portano avanti quello che hai alle spalle risolvendolo in un gioco d’ equilibrio tra vita e morte, nascite e ritorni alla terra. Passano gli anni, ma non il destino, latente ti segue e quando tutto sembra finito si manifesta con un nuovo punto di partenza.
“Il destino non è un punto di arrivo: anche quando sembra esserlo, anche quando tormenta il sangue, è sempre un punto di partenza”
Il pendio dei noci.
Con Stile, sì.