di Maria Pepe
Libri, cappuccino e polvere magica.
Una donna, una dea, non sufficientemente divina, è Circe.
Madeline Miller racconta “Circe”. Inchiostro e delicatezza per il più controverso dei miti.
La più umana delle divinità così vicina per il suo sentire agli uomini.
Vizi e virtù dei mortali sono il suo potere che veicola attraverso la sua arte, la magia.
La mitologia per narrare la resilienza.
Una storia di soprusi, solitudine e autodeterminazione.
Lei è diversa. Troppo dea per essere un’umana. Troppo umana per essere una dea.
“Nacqui quando ancora non esisteva nome per ciò che ero. Mi chiamarono Ninfa”.
Figlia di Elios e Preside cresce a corte, ma non è accetta.
Cresce Circe e si interfaccia. Attraverso incontri e scontri scopre, una ad una, le sue umane fattezze.
Al principio, è l’ amore che non corrisposto porterà alla gelosia e a utilizzi pericolosi della sua magia.
Sarà l’esilio. Sarà l’ isola di Eea.
La disperazione, l’angoscia, la violenza carnale.
Da qui, l’evoluzione di una maga che si scoprirà donna ed infine madre.
Odisseo le darà Telegono.
“Odisseo figlio di Laerte, il grande viaggiatore, principe dell’ inganno e dell’astuzia e dei mille espedienti mi aveva mostrato le sue cicatrici, e in cambio mi aveva permesso di fingere che io non ne avessi alcuna”.
La maternità sarà centrale per la Ninfa. Il cinico e beffardo nido di ragno del destino le porterà in casa Penelope e Telemaco. Penelope, difficile ed enigmatica, nella risolutezza, ha la sua resistenza. Completerà Circe e, attraverso lo scrivere della Miller, tesserà un romanzo di formazione.
L’ importanza di rinascere dal proprio dolore, di farlo amico e compagno di viaggio.
Scontornare la realtà e darle una cornice di mito e magia.
“Si dice che le donne siano creature delicate, come fiori, come uova, come qualcosa che possa essere schiacciata in un momento di negligenza. Se mai ci avevo creduto non era più così”.
Incantesimo letterario
Magia e Mito.
Circe, sì!