di Antonio Ambrosio
Quando in una giornata di caldo nel mezzo dell’estate entri nella Taverna del Mozzo di Davide Mea a Marina di Camerota, riconosci subito la cifra di un cuoco cresciuto come garzone di mare, un mozzo che nel tempo ha lavorato duro per diventare marinaio.
La gente di mare chiama appunto mozzo il ragazzo che svolge servizi di garzone apprestandosi a diventare marinaio.
Raccontare i tratti di un appassionato in evoluzione può divenire il processo ideale di chi lentamente e con coraggiosa fatica va incontro all’infinito della creatività, senza dimenticare le regole, ma provando a destrutturarle.
Un piatto servito il più delle volte, secondo scuola, va descritto e chi lo gusta deve saperlo rappresentare nel suo assemblamento. Ciò sarebbe anche giusto per i maestri, per chi si sofferma alla forma, o meglio al formalismo, non per chi un piatto vuole raccontarlo con poesia.
I sensi sono curiosi, sono istintivi, sono naturalemente orientati a cercare il sapore emozionale di ciò che non può essere svelato prima di assaporare. Dove sta il gusto di essere già a conoscenza del futuro per un avventuriero?
Il gusto qui devi immaginarlo, lo fai viaggiare, lo conduci verso una spirale sensoriale fatta di poliedrica mistura di forze rigenerative, in un sali e scendi temporale, tra i piatti della nonna e la tua visione crescente, fino ad ottenere un raffinato “melting pot” di ….
… di visionaria audacia extra-territoriale. Davide con il suo sorriso e sorprendente semplicità invita a scegliere il posto migliore dove poter ammirare l’incanto naturale delle sue creazioni. Arte visibile agli occhi, quando tra il bianco servito ed il blu marino c’è ancora spazio per contemplare l’ispirata giornata di lavoro.
Inavvertitamente si assiste ad un susseguirsi di eccezionali irrazionalismi, dove con maestrale finale si è indotti a posare le posate e mordere la fanciullezza del dolce della domenica, un momento di totale connessione ad una reale apoteosi culinaria. E’ un istante netto, preciso che non dimentichi pure a distanza di giorni.
Ed è ripensando a quell’istante che realizzi di non essere stato seduto ad ammirare e di aver viaggiato con Davide, il mozzo divenuto Marinaio.